Intervista a Carlo Amodeo, apicoltore in purezza dell’ ape nera sicula

La bellezza (della biodiversità) salverà il mondo: la tutela dell’Ape nera sicula, portata avanti da Carlo Amodeo e Slow Food, non solo realizza mieli con altissime qualità organolettiche e nutraceutiche, ma può diventare il presupposto per creare prodotti terapeutici e per salvare le piante da frutto dipendenti dall’impollinazione, oggi messe a rischio dalle morie di api diffuse in tutto il mondo.
Come nasce la Vostra azienda agricola, esemplare per la sua missione di tutela della biodiversità?

Era il 1979 mangiavo tre /quattro kg di miele a settimana; quando comprai i primi due alveari ed entrai in contatto diretto con il mondo dell’apicoltura, compresi che non ero solo strettamente legato al miele come alimento tout-court, ma tutto nasceva forse da un mio rapporto atavico con le api. Ebbi infatti la forte sensazione che da quel momento si era instaurato un rapporto indissolubile, che si era riempito un vuoto. Da allora le mie esperienze umane ed economiche sono state quasi totalmente influenzate dall’incontro con le api, influenza che si è ulteriormente approfondita in seguito all’incontro con l’ape nera sicula. Il risultato di quest’incontro è stato stupefacente: le due arnie che curavo all’inizio della mia attività di apicoltore sono adesso circa 1800 alveari.

Com’è avvenuto l’incontro con la razza autoctona della sua regione, l’apis mellifera sicula, considerata a rischio di totale estinzione?

Molto si deve a Slow Food se l’ ape nera sicula è stata messa in sicurezza anche se, quando casualmente incontrai Slow Food, già da 24 anni allevavo quattro linee genetiche di sicula pura, sia nell’isola di Ustica che in alcune delle isole Eolie. Nel corso di quegli anni di apicoltura dedicata all’Apis mellifera sicula, ero stato iscritto dall’Istituto Nazionale Apicoltura di Bologna all’albo nazionale allevatori nella sezione sicula e grazie a ciò il Ministero dell’Agricoltura aveva dovuto prendere finalmente atto che in Italia, oltre all’ape ligustica, tipica della nostra penisola, esisteva un’altra razza autoctona, l’Apis mellifera sicula o ape nera sicula.

Nasceva il problema che una sottospecie, sopravvissuta a milioni di anni di evoluzione, non poteva essere legata alla breve e precaria esistenza di un singolo apicoltore.
Per questo, con l’ausilio della Fondazione Slow Food, coinvolgemmo l’Istituto Nazionale di Apicoltura, oggi CREA, e demmo vita al progetto Ape Slow in memoria del prof. Pietro Genduso, entomologo siciliano, maestro di umanità e padre dell’ape sicula. Fu infatti proprio Genduso a trasmettermi questa passione e a far sì che mi mettessi alla ricerca di questa varietà; ritrovai gli ultimi bugni di api nere sicule in un baglio di Carini, dove un vecchio massaro apicoltore produceva miele con quel sistema antico. I bugni contenevano alcune famiglie di api che trasportai e conservai in isolamento prima sull’isola di Ustica e successivamente sull’isola di Filicudi, Alicudi e Vulcano. Nel 2012 il progetto è stato finanziato dalla regione Sicilia e si è configurato da subito come un progetto unico al mondo per aver iniziato il reinserimento massivo di una razza di api in via d’estinzione sull’intero territorio d’origine (l’intera Sicilia Occidentale). Sono state inserite circa 25.000 madri pure provenienti dalle isole (celle reali), innalzando il grado di conformità genetica dell’ ape nera sicula al 75/80 %. Il progetto Ape Slow è durato 4 anni ed ha avuto come capo fila il CREA e le partnership di Slow Food, dell’Apicoltura Amodeo, dell’IZS di Palermo, del Soat di Collesano, delle Università di Palermo e di Catania. Determinante è stato inoltre il lavoro di tutti gli apicoltori, ad oggi più di 200, che hanno deciso di aderire attivamente al progetto. Da sottolineare che tutti noi apicoltori abbiamo lavorato gratuitamente e che, durante lo svolgimento del progetto, alcuni di questi apicoltori hanno individuato, nell’opera di screening genetico, alcuni ceppi relitti (geneticamente intatti ndr.) di sicula: di conseguenza il loro lavoro ha preso una nuova direzione ed essi si sono prestati ad insediare nuove isole con i ceppi appena scoperti, allargando così il collo di bottiglia genetico dal quale era passata l’ ape nera sicula; per tale motivo oggi quegli stessi apicoltori sono stati inseriti nel presidio Slow Food.

Quali sono le peculiarità che contraddistinguono l’ ape nera sicula?

I vantaggi di allevare l’Apis mellifera sicula non sono riconducibili esclusivamente alla tutela della biodiversità, ma anche alle specificità genetiche che queste api presentano in quanto eredi dell’ape nera africana; pur non manifestando l’aggressività tipica delle sue parenti africane, l’ ape nera sicula ha manifestato una comprovata maggiore resistenza alla varroa ed alle virosi annesse. Tali caratteristiche di resistenza sono legate al fatto che questa razza presenta una variabilità genetica superiore ad ogni altra sottospecie di Apis mellifera europea, come si è evinto da ricerche comparative genetiche svolte in Danimarca dal Professor Per Kryger dell’Aarhus University.

Di conseguenza quest’ape, se dovessero continuare le morie di Apis mellifera già purtroppo in corso in diverse parti del globo, potrebbe configurarsi come lo strumento estremo per salvare le derrate alimentari delle piante da frutto entomofile che sfamano il mondo.

Studi effettuati dall’Università Federico II di Napoli e dall’Università di Chimica degli alimenti di Salerno hanno inoltre classificato il miele di ape sicula prodotto dalla mia azienda come il più antiossidante al mondo, con una quantità di antiossidanti dal 300 al 1000 % in più rispetto agli altri mieli. Questo risultato è dovuto sia alle qualità nutraceutiche e medicamentose apportate dall’ ape nera sicula, sia alla particolare metodologia di gestione dei melari che applichiamo nella nostra azienda.


Quali sono le caratteristiche specifiche della Vs. apicoltura nel mantenere intatte le caratteristiche originali del miele appena prodotto?

A seguito di una casualità apparentemente sfortunata, ebbi un’intuizione. Circa dieci anni fa ci dimenticammo un apiario con i melari pieni di miele, l’anno successivo, circa nove mesi dopo, ritornando a posizionare gli alveari nella postazione scoprimmo con sorpresa la dimenticanza; prelevammo i vecchi melari e mi resi conto che il miele che ci accingevamo a smielare era di colore nero, come bruciato. Da lì compresi che anche i due mesi nei quali si sovrappongono i melari, che rimangono esposti alla teperatura dell’alveare di circa 34.5°, dovevano essere fortemente invalidanti per la fragranza e naturalezza del miele, provocando gravi ossidazioni con tutto ciò che ne consegue a livello organolettico.

Immediatamente misi a punto un sistema che di certo rivoluziona la qualità del miele, lasciando totalmente inalterata la natura dello stesso e che ha dato risultati sorprendenti.
Nei controlli settimanali necessari durante il raccolto, anziché aggiungere un nuovo melario ai melari già pieni di miele ma presumibilmente disopercolati (non ancora opercolati, ovvero non ancora chiusi con la cera dalle api medesime ndr.), li preleviamo e li posizioniamo su pedane di modo che il passaggio dell’aria possa attraversarli. Giunti in magazzino i melari vengono scaricati con muletto a batteria all’interno di una camera ermeticamente isolata dove, grazie ai deumidificatori, in circa 48 ore, l’umidità viene portata alla percentuale desiderata. Nella stagione del raccolto dunque non attendiamo che le celle vengano opercolate dalle api ma lasciamo che l’aria e il posizionamento in stanze di deumidificazione deumidifichino il miele in modo naturale saltando le fasi sia dell’opercolatura da parte delle api, sia della disopercolatura da parte dell’apicoltore.
Successivamente il miele verrà centrifugato, filtrato e deposto nei maturatori d’ acciaio; dopo circa 15 giorni di decantazione il miele verrà invasettato e deposto all’ interno di una cella frigorifera che verrà regolata alla temperatura di 5 gradi in attesa della distribuzione.
L’impianto necessario allo svolgimento di queste operazioni è alimentato da un sistema di pannelli solari che consente di operare con zero emissioni di CO2 ed un impatto ambientale praticamente nullo.

Quali sono i vantaggi derivanti dal Vs. metodo di gestione dei melari?

I vantaggi derivanti dal metodo che io applico sono di natura sia economica che qualitativa:

  • Innanzitutto, è sufficiente un solo melario per alveare invece di quattro;
  • Alle api è risparmiato sia il lavoro di ventilazione che serve a deumidificare il miele, sia l’oneroso lavoro di opercolatura dei favi, lasciandole libere di dedicarsi ad un altro lavoro; se, oltre al lavoro, si considera che l’opercolo del miele è costituito da cera e che le api per secernere 1 kg di cera consumano circa 9 kg di miele, è presto fatto il conto. Inoltre con le mutazioni climatiche, sempre più spesso il miele viene opercolato dalle api ad umidità superiori a quelle consentite per legge perdendo di valore e sviluppando una maggiore tendenza alla fermentazione;
  • La smielatura diviene un’operazione molto più veloce in quanto l’operatore, tranne qualche raro telaino, non deve effettuare la disopercolatura;
  • I mieli estratti settimanalmente evitano l’ossidazione che avverrebbe nel caso in cui i melari rimanessero per circa due mesi alla temperatura media dell’alveare di 34 °. Si consideri che il miele esposto per due mesi alla temperatura di 34° subisce un invecchiamento di circa 6 mesi;
  • La deumidificazione artificiale che avviene con lo stesso sistema usato dalle api, consente di ridurre l’umidità a livelli molto bassi; la nostra azienda riduce l’umidità del miele a circa 16 punti: ciò ne aumenta la fragranza concentrando i principi attivi e consente una cristallizzazione a grana molto sottile che rende il miele spesso addirittura cremoso;
  • L’ immediata conservazione del miele a 5 ° in cella frigo consente il blocco immediato dell’ossidazione, del idrossimetilfurfurale e delle proprietà organolettiche (in cella frigo a 5 ° il miele per invecchiare di un anno impiega circa 50 anni). Inoltre la cristallizzazione a temperatura costante sarà omogenea e senza difetti visivi.
Dato il particolare rapporto che l’accomuna al mondo delle api, cosa significa lavorare con loro e qual è la chiave per un’apicoltura di successo?

L’ape sicula, per sua natura rustica e produttiva, non è di difficile allevamento ma ben altra cosa è farne un’attività che ci consenta un reddito in grado di darci da vivere ed investire. Ad esempio nel 1995 è avvenuto un brusco calo delle produzioni di miele, dovuto alle mutazioni climatiche, che in Sicilia hanno ridotto la produttività di circa del 40% mentre, per ciò che mi risulta, il calo di produzione globale è stato molto maggiore. Il miele degno di questo nome è diventato una vera rarità, si pensi che un recente studio sui mieli commercializzati in America ha asserito che il 100 % dei mieli commercializzati dalla GDO (Grande Distribuzione Organizzata ndr.) non ha polline, mentre nei negozi specializzati e nelle farmacie vi è una percentuale di solo il 12% di miele con presenza di polline.

La chiave per un’agricoltura non solo rispettosa della natura e della biodiversità, ma anche redditizia, consiste nel puntare a produrre qualità certificata e costante, dato che il mercato soffre la mancanza ed è assetato di questo tipo di prodotti, in particolare per quanto riguarda il miele.

La nostra azienda ha sempre puntato alla ricerca della qualità, esplorando l’intero territorio siciliano alla ricerca delle zone più adatte per produrre i più svariati mieli monoflora. Oggi ne produciamo 21 varietà, ognuna delle quali ha una sua anima, che non è soltanto l’espressione di una varietà monofloreale ma anche della tessitura del terreno, dell’esposizione, del microclima, dell’altitudine, di ciò che l’ape cede al nettare ecc. Nonostante vendiamo il nostro miele ad una nicchia di clienti europei ed extra europei, la nostra azienda, formata da mia moglie ed otto dipendenti fissi, non si è mai occupata di cercare clienti; sono sempre stato convinto che qualità e costanza pagano più delle pubblicità e dell’andare in negozi o fiere in cerca di clienti. Quando ho iniziato vendevo quasi tutto il miele che producevo all’ingrosso e pochissimo alle erboristerie; molto lentamente ma costantemente in questi 35 anni si è totalmente invertita la rotta e adesso vendiamo più del 95% del prodotto invasettato a negozi specializzati.
Il tempo e l’osservazione costante di quest’animale unico mi ha portato alla convinzione che l’ape è un insetto vincente perché sa fare squadra: i singoli individui dell’alveare (ape regina, api operaie e fuchi) sono singolarmente come cellule di un unico corpo, i loro compiti li svolgono spontaneamente, sempre freneticamente ma con gioia ed armonia e conditi da un forte opportunismo. Questo è quello che deve cercare di essere un bravo apicoltore in primavera. Passata la febbre sciamatoria (in Sicilia normalmente da metà marzo a fine maggio), finita la frenesia delle api, sciama anche la frenesia dell’apicoltore. Anche se esistono centinaia di libri e trattati sulla gestione degli alveari, a mio avviso i punti cruciali per diventare dei bravi apicoltori sono due: l’amore per questo insetto e la totale predisposizione a percepire i suoi bisogni e la sua biologia. Bisogna inoltre lavorare senza guanti affinché quando sbagliamo qualche operazione o siamo poco delicati l’ape possa educarci pungendoci, così impareremo ad essere sempre più delicati ed impareremo dove sbagliamo.

Qual è il futuro del progetto di tutela dell’ Ape nera sicula?

Il discorso ricade sempre nel fare squadra, nell’imitare la natura, e nel farlo con un prodotto unico, in difesa di un’ape nei confronti della quale, nonostante l’impegno profuso negli anni, siamo tutti in debito.
Ricalcando il principio vincente di Slow Food, l’Associazione allevatori Apis mellifera siciliana sta lavorando ad un consorzio QS (Qualità Sicura) che si prefigge non solo di garantire la genuinità del miele e la totale assenza di residui estranei, ma anche di selezionare con analisi biochimiche pregresse, quei mieli con fortissime capacità nutraceutiche e medicamentose, specifiche per l’inibizione e la lotta di svariate patologie, come si è evinto dai suddetti studi partenopei e degli approfonditi studi su quasi tutte le tipologie dei mieli svolte dalla Facoltà di Farmacia e di Chimica degli alimenti dell’Università degli studi di Palermo, in particolare dalle docenti Tesoriero e Livrea. Portare avanti la condivisione e la conoscenza di quest’ape speciale e, parallelamente, sviluppare le migliori tecniche per lasciare totalmente inalterato il prodotto in un armonioso lavoro di squadra, significherà davvero essere riusciti ad imitare quest’insetto prodigioso.

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