La resistenza a peronospora e oidio in vite: selezione assistita da marcatori molecolari
Mian Giovanni
Nel ciclo di produzione della vite (Vitis spp.), è fondamentale il controllo fitosanitario, per preservare sia la produzione sia la qualità delle uve. Il controllo delle patologie, oidio e peronospora in primis, viene attuato principalmente attraverso l’uso di prodotti chimici. Negli ultimi anni, però, si sta cercando di ridurre gli input chimici nella gestione del vigneto per diversi fattori, come i problemi di impatto ambientale, la salute umana e anche quello dei costi per gli agricoltori. Un metodo sicuro volto a garantire produzioni abbondanti, di qualità e con un minimo uso di agrofarmaci è l’uso di varietà geneticamente resistenti ottenute tramite incrocio.
Indipendentemente dal patogeno, esistono 2 strategie che la pianta usa per difendersi dalle infezioni: la resistenza alla penetrazione e la morte cellulare programmata. La resistenza alla penetrazione blocca la breccia che attua il patogeno nella parete e nella membrana cellulare e quindi previene la formazione delle strutture fungine atte a perforare. La morte cellulare programmata è invece esercitata dentro la cellula infettata e induce la morte della stessa (risposta ipersensibile; necrosi), bloccando in tal modo l’apporto di nutrienti richiesti dal fungo per la crescita e lo sviluppo. Il riconoscimento pianta-patogeno e la successiva attivazione delle risposte difensive della pianta vengono rappresentati con il così detto “Plant immunity system” dove il riconoscimento intracellulare del patogeno è mediato da una classe di recettori proteici codificati dai geni di resistenza (geni R) che determinano la resistenza a patogeni virali, batterici e fungini oltre che a nematodi e insetti.
Un altro importante carattere, in particolare per il mercato dell’uva da tavola, è il così detto Seedlessness (apirenia), presente in molte varietà sia per il consumo fresco sia per quello essiccato.
Il breeding tradizionale è troppo lento per sopperire alla costante ricerca di nuove varietà con diversi caratteri mentre la selezione attuata con biotecnologie molecolari e genetiche può aiutare enormemente il breeder nell’ottica del miglioramento genetico. In questo aspetto, i marcatori molecolari sono un enorme potenziale per migliorare l’efficienza e la precisione del breeding convenzionale attraverso la così detta “selezione assistita da marcatori molecolari” (MAS: marker assisted selection) la quale permette di applicare una selezione già nelle prime fasi di crescita vedendo la presenza dei tratti d’interesse direttamente nel DNA. Un marcatore molecolare può essere definito come quel locus genomico, rilevabile con sonde o inneschi (=primer) specifici che, in virtù della sua presenza, contraddistingue in modo caratteristico e inequivocabile il tratto cromosomico con il quale si identifica e le regioni che lo circondano alle estremità.
Nel caso in cui siano note le sequenze nelle regioni fiancheggianti il marcatore è possibile disegnare primers specifici in grado di amplificare, tramite PCR, il locus microsatellite.
La tecnica utilizzata per la loro rilevazione è la PCR (Polymerase Chian reaction).
Introdurre resistenze
Obiettivo di questo lavoro è di introgredire in varietà coltivate, agronomicamente valide, geni di resistenza attraverso l’incrocio tra varietà donatrici di geni R e varietà, appunto, già in coltivazione oppure incrociare diverse accessioni di specie resistenti. Ulteriormente, l’obiettivo è anche di riscontrare diverse resistenze negli individui in modo tale da ottenere la piramidazione dei geni R e quindi ottenere varietà con uno spettro di resistenza più largo e maggiormente difensive. Per questo scopo, si è deciso di attuare incroci tra specie donatrici di geni R e varietà già valide, sia per uva da vino sia per quella da tavola. Successivamente, tramite tecniche biomolecolari inerenti l’estrazione del DNA, l’amplificazione tramite PCR e il sequenziamento di marcatori molecolari si è voluto vedere se la progenie avesse ereditato geni R e se nei singoli individui ci fossero contemporaneamente più resistenze.
Materiali e metodi
Lo studio è iniziato con gli incroci tra le varietà o accessioni portanti i geni d’interesse e la varietà da migliorare. Si è innanzitutto raccolto il polline dal parentale maschile e poi si è emasculato il parentale femminile, si è poi eseguita l’impollinazione artificiale e in fine gli incroci sono stati protetti da contaminazioni esterne. Eseguiti gli incroci, al termine della stagione, dai grappoli sono stati estratti i semi e da questi si sono ottenute le nuove piante. Dalle foglie di queste nuove piante, il DNA è stato estratto con il metodo di Doyle e Doyle (1990) e poi è stato quantificato. Successivamente, per verificare la presenza dei geni in oggetto nel DNA, in primo luogo si sono effettuate delle PCR con i marcatori molecolari per i geni in oggetto, al fine di amplificare i tratti d’interessi. Successivamente, dal prodotto della PCR si è passati al sequenziamento dei frammenti allelici tramite elettroforesi capillare.
Risultati
Sono stati condotti in tutto 8 incroci, 5 per migliorare l’uva da tavola per ottenere nuove varietà che portassero i geni di resistenza alle patologie e il carattere dell’apirenia e 3 incroci per migliorare varietà da vino sempre con i geni di resistenza. In particolare, per quanto concerne l’uva da tavola si sono migliorate le varietà Sultanina e Moscato, per ottenere appunto varietà similari ma resistenti. Altri incroci hanno previsto l’ibridazione di diverse accessioni resistenti per creare nuove varietà che portassero le resistenze e il carattere apirenia. Per quanto concerne l’uva per la vinificazione si sono condotti incroci per migliorare le varietà Lambrusco e l’importante varietà Glera (il cui vino è il prosecco) con geni di resistenza donati da accessioni che portano nel proprio genoma questi geni. In ultimo si sono volute ottenere nuove varietà con tutti e 3 i geni di resistenza alla peronospora, incrociando la varietà già resistente Solaris, con un'altra accessione resistente.
Questo lavoro di miglioramento genetico è stato eseguito perché ad oggi, in viticoltura, vengono usati il 67% di tutti i fungicidi utilizzati in agricoltura, ricordando che la superficie occupata dalla vite è pari solo al 3,3% di tutta la superficie agricola mondiale. La coltivazione della vite quindi, specialmente per quanto concerne la protezione contro le malattie, risulta delicata. L’obiettivo di questo studio è stato quello di ottenere varietà resistenti e con caratteri importanti per il mercato che, quindi, necessitino di un uso minimo di fungicidi in modo da allinearsi in un ottica Green futura, seguendo quindi le direttive comunitarie.
Nel lavoro eseguito, per ogni famiglia analizzata, frutta dei singoli incroci, un grande numero di individui nella progenie ha ereditato i geni di resistenza. Questo significa che l’ereditabilità dei suddetti geni risulta essere elevata.
Oltre al fatto dell’ottimo risultato nel aver ottenuto molti individui resistenti in tutti gli incroci effettuati, un aspetto molto importante è che, per ogni incrocio, si siano ottenuti un buon numero di individui portanti diverse combinazioni di geni di resistenza e altrettanti che hanno ereditato tutti i geni presenti nel singolo incrocio. In particolare questi sono i risultati che più vanno presi in considerazione. Ottenere varietà con piramidate più resistenze verso lo stesso patogeno e contemporaneamente più resistenze contro diversi patogeni è il risultato migliore che si possa avere. Questi individui infatti presenteranno un elevato grado di resistenza e sarà più difficile per il patogeno riuscire a superare queste barriere evolvendo tramite la selezione naturale. Questi individui con diverse resistenze piramidate sono la base di partenza per continuare con il miglioramento genetico anche per ulteriori caratteri. In questo lavoro, si sono ottenuti anche individui che portassero 3 geni di resistenza (fra peronospora e oidio, in diverse combinazioni) e il tratto dell’apirenia.
L’utilizzo delle conoscenze della genetica e le moderne tecniche molecolari per ottenere varietà migliorate, come per le resistenze alle malattie, sono, quindi, i mezzi più efficaci che abbiamo a disposizione per ottenere una riduzione drastica nell’uso dell’agro chimica. Inoltre, possiamo ipotizzare di associare ai caratteri di resistenza altri caratteri per molti tratti importanti. In questo modo, coltivatori, consumatori e ambiente potranno trarre indubbi vantaggi in termini di salute pubblica e conservazione dell’ecosistema in un’ottica di sviluppo sostenibile.